L'odierna città di Sparta sorge immediatamente a sud dell'antica polis, rasa al suolo dai goti nel IV secolo, quando l'impero romano d'occidente cadeva ormai a pezzi. Rifondata nella prima metà del 1800, è un insediamento piuttosto anonimo, che di per sè non lascia intendere l'orgoglio e l'autorità dei tempi passati. Niente di nuovo in realtà, lo storico Tucidide scriveva infatti nel V secolo a.C.: "se oggi la città dei Lacedemoni venisse abbandonata e rimanessero solo i templi e le fondazioni degli edifici, i posteri difficilmente potrebbero credere alla potenza e alla fama di Sparta."
Siamo nella parte sud - orientale del Peloponneso: nella regione della Laconia, dove il fiume Eurota scorre tranquillo, oggi come 3.000 anni fa. Forma un altopiano fertile ricco di ulivi, circondato da due catene montuose, il Taigeto ed il Parnone, in una vera e propria fortezza naturale. Ciò spiega in parte il successo della polis, come anche il carattere dello spartano: chiuso, testardo, misterioso a qualunque straniero tenti di avvicinarlo.
"...lo stesso Zeus ha dato questa città agli Eraclidi, coi quali lasciammo il ventoso Erineo e giungemmo nel vasto Peloponneso."Tirteo.
La fondazione della città di Sparta da parte di tribù di stirpe dorica è circostanza di difficile collocazione temporale, databile fra il 1050 e l'800 a.C.
In realtà abbiamo attestazioni remote dell'esistenza della città: nell' Iliade (poema che narra eventi risalenti al XIII secolo a.C.) Omero parla di "Lacedemone dalle valli profonde", retta dal re Menelao e dalla regina Elena, il cui rapimento diede il via alla guerra di Troia. Sta di fatto che l'avvento dei dori in Laconia da nord portò la fondazione della polis attraverso la riunione di quattro villaggi: Limne e Cinosura prima, Mesoa e Pitane poi (Sparta viene dal greco Σπάρτη, disseminata). Questo attraverso la sottomissione della popolazione indigena, ridotta alla condizione di iloti, schiavi di proprietà dello Stato. Non ci aiutano fonti certe su questo periodo, nel pieno del Medioevo ellenico infatti l'assenza della scrittura portò alla trasmissione orale di questi eventi, che oggi appaiono immersi nella leggenda. Così i dori non sarebbero brutali conquistatori: essi, discendenti di Eracle, avrebbero semplicemente fatto valere i loro diritti tornando nelle terre che Zeus aveva loro concesse. Ecco pronta la giustificazione per quella che dovette essere una sanguinosa conquista, che contribuì alla fine della civiltà palaziale.
L'origine divina è una costante a Sparta: giustificò non solo la sua fondazione, ma anche il suo ordinamento e le sue istituzioni. Fu quella forza che consentì ai suoi cittadini di accettare una forma di governo che controllava totalmente le loro vite, dalla nascita fin oltre la morte; portò gli spartani a pensare e vivere non come individui, bensì come parte indispensabile di uno stato cui prestavano cieca obbedienza e massima dedizione. La celebre battaglia delle Termopili non è l'unico esempio.
C'è da dire però che tale propensione bellica non fu frutto di una presa di posizione aprioristica, bensì il risultato degli eventi che segnarono la fondazione della città ed i suoi primi sviluppi. Dopo la "ilotizzazione" della Laconia infatti, fondamentali per lo sviluppo di Sparta furono le guerre messeniche, intraprese per l'annessione dei territori della Messenia. La prima fu vinta nell'VIII secolo e comportò la conquista della regione e la riduzione in schiavitù della popolazione. Ma i messeni non furono mai domati completamente: ogni volta che se ne presentava l'occasione, quando per guerre o calamità naturali Sparta sembrava essersi indebolita, si ribellavano ferocemente.
Sparta viveva sempre con il terrore che gli iloti potessero insorgere in massa e, dato che il loro numero sovrastava quello dei cittadini di pieno diritto, gli spartiati, ben si comprende la formazione di un ordinamento il cui scopo primario era quello di crescere e costruire la più forte fanteria della Grecia. Basti pensare che durante la guerra del peloponneso gli spartiati erano circa 8.000 (ed è il massimo numero di guerrieri - cittadini di pieno diritto che Sparta ebbe mai), mentre gli iloti erano ben 350.000.
L'ordinamento quindi fu frutto di una lenta evoluzione storica, anche se la leggenda ci dice qualcosa di diverso: attribuisce al mitico legislatore Licurgo la creazione delle leggi fondamentali della polis.
"Un giorno riflettevo su come Sparta, una delle città meno popolose, sia divenuta una delle più potenti e celebri città della Grecia e mi meravigliavo di tutto ciò.
Poi pensai alle istituzioni degli spartiati e finii di stupirmi."
Senofonte.
La storia del legislatore Licurgo racconta di un uomo che viaggiò, e tanto, durante la sua vita. Visitò molte città, conobbe mondi diversi fra loro, comprese ciò che era buono per la crescita di una polis e ciò che invece poteva essere dannoso. Non a caso l'opera di creazione dell'ordinamento politico e sociale di Sparta che gli viene attribuita è nota come eunomia, ossia "buon governo". Le regole da lui poste a Sparta sono il frutto di un responso dell'oracolo di Delfi (la rhetra): secondo la tradizione sono stati gli dèi stessi a regolare le fondamenta dello stato lacedemone, ed a questo si deve il forte conservatorismo che lo caratterizzò sempre. Se quelle regole erano state poste dagli dèi, come potevano mai essere sovvertite? Di certo non lo avrebbero fatto i religiosissimi spartani.
Prodotto dell'eunomia fu anzitutto una società rigidamente suddivisa in classi. Al livello più basso vi erano gli iloti, schiavi pubblici (non appartenevano a questo o quel cittadino, bensì solo allo stato) obbligati a coltivare gli appezzamenti di terra attribuiti in egual misura a ciascun cittadino, per garantirne l'indipendenza economica. Anche i terreni erano di proprietà pubblica, erano infatti inalienabili.
Vi erano poi i perieci, sostanzialmente abitanti delle comunità attorno Sparta: vivevano in stretta connessione con lo stato lacedemone, pur non essendone parte integrante. Non godevano infatti dei diritti politici, ma a differenza dei cittadini potevano svolgere attività produttive: si dedicavano così all'agricoltura, al commercio, etc. Erano chiamati a supportare la falange oplitica in battaglia, dovevano subire ingerenze nella propria giurisdizione, pagare tributi. Tra queste comunità e Sparta intercorreva un rapporto simile a quello che legava Roma ai socii italici.
Cittadini pleno iure, nonchè componenti della leggendaria falange spartana, erano gli spartiati. Appena nati, la loro idoneità fisica era valutata dai membri più anziani della collettività: deboli e storpi venivano esposti sul Taigeto. Sottoposti fin dalla tenera età a rigidi addestramenti e prove fisiche, potevano esercitare i diritti politici dal compimento dei 30 anni. Ma la loro vita in comunità iniziava ben prima, quando cioè all'età di sette anni venivano sottratti alle loro famiglie e assegnati a istituti pubblici, per essere educati alla vita sociale, politica e militare della polis. La loro educazione era chiamata agoghè: il risultato era il perfetto cittadino - oplita. Gli spartiati non potevano svolgere nessuna attività produttiva: i loro poderi erano coltivati dagli schiavi, pertanto avevano tutto il tempo a disposizione per partecipare alla vita politica e addestrarsi alla guerra (ma d'altronde, che senso aveva attaccarsi al potere materiale ed alla ricchezza, in una città in cui moneta corrente erano lunghi spiedi di ferro?). La loro vita li vedeva raramente passare il tempo a casa con la famiglia. Da qui anche il ruolo fondamentale che svolgeva a Sparta la donna, cui era affidata la non facile gestione degli affari domestici: molto considerata ed indipendente come in nessun altra polis, nemmeno nella democratica Atene. I loro mariti, quando non erano chiamati lontano da casa per sostenere campagne militari, dovevano comunque dedicarsi alla vita politica della città, che non lasciava quasi mai tempo libero: erano però orgogliosi della loro posizione esclusiva e paritaria, si facevano chiamare gli "eguali". Punto importante della vita in comunità erano i sissizi, pasti comuni, ai quali ogni cittadino doveva contribuire fornendo determinate quantità dei prodotti dei suoi terreni: per coloro che non riuscivano a pagare queste quote obbligatorie pena era il declassamento nella categoria degli hypomenies, gli "inferiori", privi di diritti politici.
I motaci invece, erano figli di cittadini e iloti e come tali privi di diritti politici, ma educati al pari degli spartiati.
Per quanto riguarda l'ordinamento politico, anche a Sparta erano presenti organi tipici delle poleis greche: tutte erano infatti caratterizzate da un'assemblea popolare, un consiglio di nobili o anziani, e da una magistratura dalle competenze specifiche. Era il prevalere di uno di questi elementi che rendeva una città democratica piuttosto che aristorcatica, o magari tirannica. A Sparta i diversi elementi si combinavano formando un perfetto equilibrio: sicchè non possiamo parlare nè di monarchia, nè di oligarchia, nè di democrazia.
La città disponeva di due re, ai quali erano affidati compiti militari e religiosi: erano i generali dell'esercito spartano e conducevano le operazioni militari. Inoltre rappresentavano la comunità davanti agli dèi: avevano quindi specifiche responsabilità legate al culto di dèi ed eroi. La diarchia sembra essere un retaggio dell'organizzazione tribale dei dori.
Gli spartiati, compiuti i 30 anni, esercitavano i loro compiti politici (ed i loro diritti) nell'assemblea popolare, l'apella, che eleggeva i membri del consiglio degli anziani: particolarità tutta lacedemone era la modalità di votazione, non per numero bensì per acclamazione. L'assemblea non aveva poteri di iniziativa politica, nè di discussione delle istanze che le venivano proposte: poteva semplicemente approvare o respingere, similmente a quanto accadeva a Roma con i comizi centuriati.
Gli spartiati particolarmente meritevoli , raggiunti i 60 anni di età, potevano essere eletti quali membri del consiglio degli anziani, la gerusia. Questo consiglio aveva una competenza politica e penale: infatti stabiliva quali proposte di legge andassero presentate in assemblea, ed aveva prerogative giurisdizionali per quanto riguarda i giudizi capitali.
Tutti questi organi erano già conosciuti dalla rhetra delfica, il responso oracolare su cui basò la propria eunomia Licurgo, dunque fondavano la loro legittimità direttamente sul volere delgi dèi; ma in seguito un ulteriore organo venne istituito. Gli efori, eletti in numero di cinque dall'assemblea popolare, dal VI secolo a.C. svolsero a Sparta compiti che possiamo accostare a quelli delle odierne Corti di legittimità: erano infatti i garanti delle leggi fondamentali dell'ordinamento. Lungo l'annuale durata del loro incarico custodivano la costituzione, il nucleo divino dell'ordinamento spartano. I loro poteri molto spesso li portarono in contrasto con i re: questi spesso cercavano di arrogarsi poteri eccedenti le loro possibilità. Un contrasto fra poteri dello stato che si ripropone anche nelle democrazie dei giorni presenti.
Scudo spartano: lambda rossa in campo bronzo |
Ma la rigidità fu anche la debolezza di Sparta. L'incapacità di adattarsi alle nuove esigenze, sorte nel momento in cui il trionfo nella guerra del Peloponneso le consegnò l'egemonia sull'Ellade, la portò presto al declino. Anzi, ad un crollo rovinoso, sotto i colpi dei tebani guidati dal generale Epaminonda. A Leuttra, nel 371 a.C., subì una sconfitta tremenda, dalla quale non si rialzò mai più.
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