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sabato 13 aprile 2013

L'Arte del Caravaggio: La "Vocazione di san Matteo"

Michelangelo Merisi da Caravaggio, "La Vocazione di san Matteo", 1599-1600
 1573 - 1610:
Caravaggio nacque e visse nel periodo della Controriforma. 
Anni in cui la Chiesa cattolica reagiva alla riforma protestante, ne combatteva la spinta centrifuga: ciò avvenne in particolare attraverso nuovi impulsi nel campo artistico. Molte chiese vennero restaurate, dal pontificato di Sisto V Roma fu addirittura trasformata urbanisticamente ad maiorem Dei et Ecclesiae gloriam. Notevole fu l'incremento della committenza soprattutto nelle arti figurative. Per un artista, a maggior ragione in questi anni, Roma era la meta più ambita. 
Caravaggio giunse nell'Urbe nel 1593, persi tragicamente il padre ed il nonno in tenera età e la madre a 19 anni, dopo un breve periodo di apprendistato a Milano presso la bottega del pittore manierista Peterzano. Si fece conoscere presto: nel 1595 il cardinale Francesco Maria del Monte, innamoratosi del suo talento, divenne il suo primo protettore.
Entrò in contatto con le famiglie aristocratiche romane, per le quali iniziò a dipingere. Il primo incarico pubblico gli venne commissionato proprio grazie al cardinal Del Monte: tre tele per la cappella Contarelli in San Luigi dei Francesi. Fu così che iniziò a lavorare sulla "Vocazione di san Matteo".


Arrivato a Roma, come detto, nel 1593, il giovane Caravaggio entrò in contatto con diversi pittori locali, che subito cercarono di istruirlo su quanto un giovane pittore dovesse fare per poter arrivare lontano. Innanzi tutto rimanere umile, sempre pronto ad apprendere; in secondo luogo disegnare sculture, che Roma offriva in abbondanza; infine concentrarsi sullo studio dei maestri, cercando di seguire i loro passi. Completato tale percorso, un artista poteva giovarsi di un bagaglio tecnico completo, dominava un talento plasmato secondo l'esempio dei grandi del passato: era pronto per mettere al servizio della Chiesa cattolica la propria visione del paradiso, per vincere la "guerra delle anime" contro il Protestantesimo.
Niente di più lontano dalle ambizioni del Caravaggio. Disegnare? Un evento raro nella sua pratica artistica. Essere umili? Non ne parliamo. 
Visione del paradiso? Impossibile, l'uomo non può conoscere ciò di cui non ha esperienza. L'artista può conoscere il mondo, tutto ciò che può osservare e percepire con i sensi. Solo la realtà può essere riportata sulla tela: non c'è spazio per la ricerca del bello ideale, tantomeno per l'invenzione. Esiste solo lo stato dei fatti, l'hic et nunc. Scrive con straordinaria efficacia l'Argan che per il Caravaggio l'arte non è attività intellettiva, ma morale: non consiste nel distaccarsi dalla realtà e rappresentarla, ma nell'immergersi nella realtà e viverla.

E'quanto emerge chiaramente dalla Vocazione. L'artista non rappresenta una scena ideale, ma riesce a trovare il sacro nella vita dei miserabili, prende il divino e lo trascina in una scena quotidiana. La rappresenta nuda e cruda. Così Gesù appare nell'angusta penombra di un'osteria romana. Seguire l'esempio dei maestri? Cose da manieristi. Lui era andato oltre, aveva trovato la sua strada. La Vocazione di san Matteo in un certo senso rappresenta anche la vocazione dell'artista: è infatti la prima tela in cui dipinge attraverso forti, drammatici contrasti luci - ombre. Quella pittura dai toni vivaci che aveva accompagnato la sua giovinezza apparteneva ormai al passato.
Insieme al Cristo entra in scena un lampo di luce divina che illumina la scena: il gesto perentorio della mano viene timidamente ripetuto dall'apostolo Pietro. Tutti sono sorpresi e si voltano verso la fonte di luce, tranne gli avari che contano i denari. Matteo è incredulo: 
tu. -chi, io? -tu.
Non si scappa. La chiamata di Dio arriva quando meno te l'aspetti. Può soprendere l'uomo in qualsiasi momento, persino nel peccato. I protagonisti indossano abiti moderni: non si tratta semplicemente di un antico racconto, ma di un evento che continua a succedere oggi, che potrebbe accadere domani. A chiunque.
La lama di luce che entra nella stanza è allo stesso tempo reale ed ideale: investe le figure, rappresenta la grazia. Lasciando la figura del Cristo nella penombra, l'artista non fa altro che porre in risalto il gesto della mano.

Ma potrebbe esserci qualcosa di più. Quel lampo potrebbe conservare il 'manifesto pittorico' del Caravaggio, il ruolo che affidava alla sua arte. Quella luce potrebbe rappresentare l'artista stesso: indaga, investe le figure dando un volto a personaggi altrimenti ignoti, scopre il peccato e lo denuda, crudelmente, su una tela. Quella luce è il Caravaggio. Lui che è entrato in sporche botteghe ed ha frequentato locande malfamate; lui che è stato fra gli ignobili ed i miserabili; lui che ha visto e sentito, che ha potuto toccare con mano la depravazione. L'artista non inventa ma rappresenta ciò che ha vissuto: la grandezza del Caravaggio sta nell'aver preso quali soggetti della sua arte persone comuni, gli umili, nell'aver raffigurato il loro mondo e la loro vita.
Così nella Vocazione non è rappresentato solo il peccato, ma anche il preciso istante in cui l'uomo (l'umanità tutta!) può riscattarsi, ricevendo la scintilla divina della redenzione.

1 commento:

  1. E' probabile che Matteo sia il ragazzo all'estrema sinistra del quadro. Perché così aumenterebbe il gioco di specchi, la ricorsività dell'opera. Caravaggio prende spunto dalla Creazione d'Adamo di Michelangelo. Gesù riprende il gesto della mano, imitato da Pietro, imitato dal signore con la barba, che infine indica il futuro Apostolo ancora ignaro. La ricorsività, il gioco di specchi è il sigillo del genio. Cfr. Ebook (amazon) di Ravecca Massimo. Tre uomini un volto: Gesù, Leonardo e Michelangelo. Grazie.

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