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mercoledì 17 luglio 2013

Un corsaro al "Rock in Roma": il concerto di Mark Knopfler



Il look da rockstar lo ha abbandonato da tempo. Non c'è più quella fascia a raccogliere i capelli, ormai bianchi e diradati; il volto è segnato da nuove rughe. Il tempo passa per tutti, ma il vero talento dura una vita intera: sul palco dell'Ippodromo delle Capannelle, il 13 luglio 2013, Mark Knopfler lo ha dimostrato ancora una volta.

Mark Knopfler e la sua Fender Stratocaster.
I suoni dell'artista britannico segnano una parentesi folk al "Rock in Roma", cui oltre 10.000 persone hanno voluto assistere dal vivo; i volti del pubblico sono in gran parte quelli dei ragazzi degli anni '80, innamorati dei Dire straits e di tutto quello che hanno significato per la storia del rock. Il caloroso abbraccio romano accoglie l'entrata in scena sulle note di "What it is": la mano di Mark scivola sulle corde della Fender e regala un assolo che ricorda molto i vecchi tempi, sollecitando gli animi dei più nostalgici.
Chi crede che a 64 anni un musicista sia in fase calante è subito smentito: in quasi due ore di concerto le sue performance sono state di altissimo livello. Sicuramente avrà imparato a gestirsi, ma sta di fatto che non si intravedono segni di cedimento, e la rapidità di esecuzione è notevole, alle volte sbalorditiva. 
Il concerto scorre fra sonorità nordiche e musiche evocative, intervallate da momenti blues e atmosfere country. Knopfler punta tutto sul repertorio solista, che al riguardo fornisce pezzi di alto livello. Tuttavia i momenti di massima partecipazione del pubblico si hanno con "Romeo and Juliet" e "So Far Away", cantate da giovani e meno giovani, nonchè durante la storica "Telegraph Road": tutti pezzi dei Dire Straits, adattati e innovati qua e là per renderne sempre vivo il significato. Questo dimostra che gran parte dei presenti si aspettava (o quanto meno desiderava) ascoltare i grandi successi del passato, ed è questa la ragione per cui in molti hanno lasciato stupiti e sconcertati l'Ippodromo al termine della serata: grandi assenti, su tutti, "Brothers in Arms" ed in particolare "Sultans of Swing". Ma chi conosce bene il chitarrista nato a Glasgow sa che questo non significa rinnegare il passato o dimenticare le proprie radici: è insito nel percorso di maturazione dell'uomo e del musicista lasciarsi alle spalle le vivaci note della gioventù, magari per dedicarsi ad uno stile più pacato ed introspettivo.
Esemplare al riguardo l'esecuzione di "Father and Son" da parte della band, che risale ai primi tempi del Knopfler solista, ormai vent'anni or sono: gli strumenti richiamano cornamuse e Highlands scozzesi attraverso sonorità struggenti. Ma ecco che dal vecchio nasce il nuovo, e sul pezzo d'orchestra si innesta la più recente "Hill Farmer's Blues": senza una cesura, i due brani scivolano via insieme. Il passato non viene rinnegato, anzi rappresenta un imprescindibile punto di partenza. E'un appoggio sicuro, l'artista se ne avvale per sperimentare nuovi percorsi; costituisce il porto da cui salpare verso destinazioni ignote, alla ricerca di se stessi e della propria dimensione musicale.

Ed è questo il significato di "Privateering", il brano che ha dato il nome all'ultimo album: Knopfler chiama a raccolta i suoi uomini ed i suoi fans per questo ennesimo arrembaggio.
Levata l'ancora, il veliero solca il mare aperto.
Stona con questi proclami però, l'immagine dell'album. Nella luce rossastra del tramonto un furgone vecchio e malandato, senza una ruota, è fermo in una radura desolata. Non c'è anima viva, se non un cane randagio: come a dire che, alla fine del viaggio, l'artista è destinato a ritrovarsi solo con se stesso...